
La cucina del territorio è oggi una delle più accreditate. Territorio vuol dire identità, tradizione, sapere diffuso, cultura popolare. La difesa della cucina del territorio è diventata una bandiera per tutti quelli che odiano la modernità, le commistioni, le relazioni incestuose (c’è anche una visione progressista della cucina del territorio, vista come alternativa alla globale cucina del fast food, ma di questo si parlerà altrove).
Il punto è che il territorio è un concetto ambiguo (chi ne definisce i confini? Chi li difende da incursioni e invasioni?) e l’idea che una tradizione sia radicata e incorruttibile è tanto falso quanto stupido.
Pensiamo un po’, ad esempio alla tradizione napoletana.
Uno dei piatti più tipici è la parmigiana di melanzane, su cui si intrecciano dispute per capire dove sta l’originale, la vera, l’autentica. Le melanzane si friggono dopo averle passate nell’uovo (prima scuola) o non devono mai vedere uova (seconda scuola?). La prima originaria madre della parmigiana, la vera e autentica donna napoletana che la creò, come si comportò? Certo è che la melanzana non è originaria dell’Italia, ma è stata portata prima in Sicilia e poi nel Mezzogiorno dagli arabi. Quindi prima dell’anno mille, nessuna melanzana, nessuna parmigiana. Ma dopo quell’anno? Bè il pomodoro certo non c’era, perché è arrivato in Europa (e dunque a Napoli) solo nel ‘500, direttamente dalle Americhe, quindi la tradizione sarà pure antica, ma di pochi secoli, e il territorio è stato violato, altrimenti niente parmigiana (e niente pizza ca’ pummarola, o spaghetti, ovviamente).
Quindi parlare di cucina della tradizione significa inevitabilmente parlare di qualcosa che cambia, che muta, che scambia i prodotti. Quindi i tedeschi mangia patate, lo sono stati solo dopo che il tubero è arrivato anche lui dall’America, il tè di cui si dissetano gli inglesi, bevanda nazionale, è fatto in India e da lì viene. E, per restare in Italia, la polenta che ha nutrito generazione di contadini sella pianura padana (i polentoni) è resa possibile solo dopo il ‘500, perché il mais da lì è stato importato. Difendiamo dunque la cucina territoriale, ma sapendo che come ogni prodotto culturale, anche questa è fatta di commistioni, di scambi, di relazioni.