Mercati e finanze ai tempi del coronavirus

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Coronavirus: gli effetti sull’economia

La rapida diffusione del coronavirus, che in poco tempo si è trasformata in una pandemia globale, spingendosi al di fuori dei confini cinesi è riuscita a provocare dei veri e propri disagi nell’economia mondiale. I problemi legati a questo virus non riguardano solo la Cina, come paese di partenza del batterio, ma al contrario influenza tutto il mondo, andando ad incidere pesantemente su ciascun paese, in modi e tempi diversi. Tutte le economie si sono dovute fermare all’improvviso, per non far si che il virus dilagasse ulteriormente, causando danni enormi, sopratutto a quei paesi che già si trovavano in una situazione difficile. Ogni Stato, ha cercato e cerca tutt’ora di risollevare il paese, concedendo aiuti e sussidi, in quanto la maggior parte della attività economiche hanno avuto l’obbligo di restare chiuse per alcune settimane, cosi da non poter avere nessun guadagno.
I principali rischi, legati all’economia e al benessere della varie nazioni, riguardano i mercati e le finanze, che negli ultimi tempi hanno dovuto affrontare momenti molto difficili, subendo dei crolli vertiginosi e andando ad influenzare tutti gli altri aspetti economici.

La situazione dei mercati e delle finanze durante il coronavirus

I mercati di tutto il mondo, attraversano, a causa della pandemia da coronavirus, momento difficili e di forte down. In Italia ad esempio, uno dei paesi più colpiti subito dopo la Cina, ha subito una perdita del 20 % dell’indice Ftse Mib nella Borsa di Milano. Nel resto dell’europa, considerato come l’epicentro della malattia, data la curva e la diffusione dei contagi, le Borse viaggiano su livelli molto pesanti. Il Ftse Mib si è ridotto di quasi la metà, arrivando a perdere un valore di circa il 44%. Uno dei ribassi che più preoccupano sono quelle delle obbligazione High Yield, che perdono circa il 10% sia in Europa che negli Usa. Questo crollo è dovuto alla caduta del petrolio, a causa della battaglia sui prezzi che si creata nell’Arabia Saudita.
Tutte le Borse hanno sofferto come quella di Wall Street che, prima della pandemia, viaggiava ai massimi storici mentre ora si ritrova a perdere oltre il 18%, con un calo cosi rapido mai visto nel corso degli anni. Sono crollati inoltre i rendimento dei titoli di Stato come quelli della Germania e degli Stati Uniti, Quest’ultimi sono arrivati ad un minimo storico di 0,35 %
L’insieme dai dati finanziari, che vengono comunicati giornalmente ed in tempo reale, creano profondi timori, come dimostrato dall’aumento dell’indice Vix, ossia della paura, che passa dal 14% al 65%.
Le banche centrali delle varie nazioni, per cercare di abbattere questi problemi, hanno attuato delle forti misure che però non sono riuscite a placare le paure degli investitori in quanto esse sottolineano la gravità della situazione perché hanno un carattere di eccezionalità.
Uno dei grandi errori che sono stati commessi nella gestione dell’intera situazione è stato il fatto di volerla risolvere a livello locale, ossia facendo prevalere i vari egoismi nazionali. Solo dopo un mese, si inizia a ragionare in termini globali e proprio per questo aspetto il G7 si è riunito per cercare di creare una linea comune.
Nell’attuale situazione di crisi la liquidità viene vista come un bene rifugio e proprio per questo gli investitori stanno vedendo molto pesantemente.
Ad esempio, se ci si riferisce al bitcon, la criptovaluta più diffusa ultimamente, è scesa sotto i 5 mila dollari quando fino a qualche mese fa arrivava a quota 10 mila. Questa discesa è risultata preoccupante in quanto fino ad ora questa particolare valuta era considerata un bene rifugio, molto in correlazione con l’oro.
Una domanda che gli analisti del mercato si pongono è se, dopo la fine della pandemia globale, gli investitori torneranno ad avere fiducia nell’economia e nel sistema finanziario come una volta. Sicuramente essi preferiranno proteggere i loro risparmi e proprio per questo adottare dei comportamenti che hanno l’obiettivo di proteggersi contro l’inflazione o la crescita dell’offerta di moneta.